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404 La Conquista di Roma

caffè che la servaccia gli portava, non toccava nè un libro, nè una penna, uscendo subito da quella brutta casa, dove si sentiva soffocare. Per istinto si recava a Montecitorio, ma non andava nei corridoi, nè alla sala di lettura: si spingeva sino alla posta, preso da una curiosità istintiva, sempre, cercando le sue lettere. Incontrava qualche collega, che gli domandava:

«Che fai, che non ti si vede più? Perchè non vieni alle sedute?»

«Lavoro, lavoro,» rispondeva lui, pensoso, passandosi una mano sulla fronte.

Oppure:

«Siete stato in Basilicata, Sangiorgio? E quelle relazioni, per l’inchiesta agraria, saranno a buon termine?»

«Sì, sono stato in Basilicata,» rispondeva lui, arrossendo, imbarazzato, per un minuto, dalla bugìa. «Le relazioni.... presto, presto saranno finite,» soggiungeva vagamente, «....è un lavoro che mi affoga...»

Ma cercava di evitare questi incontri, non sapendo mentire, turbandosi innanzi a queste risorgenti voci della coscienza: e se ne andava, leggendo le sue lettere, senza intenderne il senso,