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La Conquista di Roma 403

che avete l’anima invincibile: non ho io sempre fatto quello che voi volevate? Non sentite, nella vostra invincibilità, Angelica, che non correte nessun pericolo, in casa mia? La vostra difesa è in voi: e voi siete senza debolezza, senz’abbandono.»

Ella rizzò il capo, tutta rosea di coraggio e di orgoglio:

«Verrò,» disse, come una eroina sicura della vittoria.

«Quando?»

«Non so: non so bene, aspettatemi, conoscete le mie ore.»

E null’altro precisò. Non credeva di dovergli dire altro, credeva che egli abitasse proprio lì, in Piazza di Spagna e non gli costasse nulla di aspettarla, credeva alla sua divozione; come tutte le donne, calcolava solo il proprio sacrificio, non sapeva misurare quello altrui.

E tutti i giorni, in quella fine gaia di aprile, Francesco Sangiorgio andava ad aspettarla nel salottino, a Piazza di Spagna. Egli si alzava un po’ tardi, nell’ambiente scuriccio e sudicio di Via Angelo Custode, andava attorno, macchinalmente, vestendosi, bevendo la cattiva tazza di