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La Conquista di Roma 397

un lungo e sottile cuscino di seta rossa e gialla; tre o quattro sedie di legno bruno, cupo, scolpito, e un tavolino uguale; dal soffitto una lampada di bronzo pendeva, sempre accesa, dando una falsa apparenza di notte a quell’anticamera un po’ tetra, di cui una grande tela dipinta copriva il triviale soffitto e le pareti, nascondendo le grottesche pitture e il parato di carta di Francia.

Dopo veniva il salotto che aveva un grande balcone sulla piazza, un salotto largo e luminoso, sempre pieno di sole: ma certe tende antiche, di un lampasso roseo e verdigno molto chiaro e un grande pezzo di merletto antico giallastro, innanzi al balcone, mitigavano la luce. Le pareti erano tese di un raso molto lucido color nocciuola, ma scomparivano sotto le stoffe orientali, sotto i tappeti persiani, sotto i brani di broccato vecchio, tesi, aggruppati fantasticamente, tenuti fermi qui da un grande piatto lucidissimo di ottone a sbalzo, altrove da una scimitarra artisticamente cesellata, altrove da un grande fascio di piume di pavone disposte a ventaglio. Un rosario di legno di sandalo, una di quelle lunghe collane a grani profumati, che le donne turche girano e rigirano continuamente fra