Pagina:Serao - La conquista di Roma.djvu/395


La Conquista di Roma 391

ora a Piazza di Spagna. E questa indecisione, questo non sapere, lo crucciava molto, era il tormento di quelli che fanno un sogno cattivo e incompleto, e volendo camminare, non possono muoversi, volendo gridare, non trovano voce. Dove era la porta per entrare in quelle stanze, dove era situata la scala, dove sporgevano le finestre?

Egli vedeva, sì, ogni tanto, come un lampo di colori, il roseo di una tenda serica, sul muro; il riflesso fulvo di una poltrona di felpa; la scintilla metallica che partiva da un coltello damaschino colpito dalla luce; il disegno minuto di una trina antica giallastra, ma tutto questo confusamente, senza saper dove, nè come, nè quando, nulla. Dove si sarebbe seduta donn’Angelica, entrando in quella casa, dove avrebbe posato i bei piedini stanchi, dove avrebbe appoggiato il bel braccio, per sorreggersi, nella sua posa abituale, dolcissima?

Gli pareva che in quella casa non vi fossero nè sedie, nè divani, nè sgabelli, nè tavolini; gli pareva che fosse un gran posto vacuo, profondo, incommensurabile, in cui lui e donn’Angelica si fossero perduti.