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La Conquista di Roma 365

succhio novello, come la dolce stagione lo comportava. Il grande giardino, coi suoi larghi viali, pareva tutto suo, lasciato in abbandono dalla folla chiassona, pronto a nascondere i suoi amori, nido solitario di un purissimo idillio sentimentale. Lontano, dalla terrazza posteriore, egli aveva ben guardato la immensa massa verde di villa Borghese dove sarebbe stato così facile il celarsi: ma ella non aveva voluto, per non attraversare piazza del Popolo, in quell’orrendo giorno di carnevale: e più del Pincio, villa Borghese sembrava un immenso parco naturale, senza traccia di uomo, una vasta campagna vergine e solitaria.

Passando innanzi al cancello che separa il Pincio da villa Medici, Sangiorgio dette un’occhiata di rimpianto alla cupezza malinconica di quel viale fittissimo, dove l’idillio soave sarebbe stato anche al coperto della chiarezza larga del cielo: ma ella non aveva voluto, per entrare a villa Medici ci vuole un permesso speciale. E quello che turbava Sangiorgio, nei suoi giri attorno al grande giardino, era la parte che dava sopra Roma e sopra Piazza del Popolo, tutto quel lato scoperto, quell’immensa breccia, donde veniva,