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La Conquista di Roma 359


III.

Appena spuntò dal Babuino in Piazza del Popolo, Francesco Sangiorgio ebbe un pugno di coriandoli nel collo, senza sapere donde gli venissero: un mazzettaccio informe, di fiori di cicoria, gli sfiorò una guancia: egli fu preso da un flotto di folla che lo trasportò verso l’obelisco. Una grande folla nera, tumultuante, urlante, fischiante, ondeggiava intorno alla fontana, sotto un nembo bianco di coriandoli lanciati dai pedoni, dalle carrozze, dalle due grandi tribune di legno che quasi continuavano il Corso sino alla fontana.

La chiarezza pomeridiana, larghissima, si effondeva su questa folla scura, dai volti convulsi, mettendo la piazza sotto una grande calotta luminosa di primavera, e nell’aria tepida, nello scirocco mite di febbraio, la polvere di gesso dei coriandoli sfarinati bruciava la gola e attirava il sangue alle guance. Sangiorgio dovette fare forza di gomiti e di spalle per liberarsi da quell’onda clamante che lo sospingeva, lo travolgeva, e una collera lo prese contro quella brutalità di diver-