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La Conquista di Roma 343

inglese che americana, l’altra magra, simpatica, elegante; donna Vittoria Colonna, dagli occhi di diamante nero: donna Lavinia di Sora, dal volto perlaceo, dai grandi occhi lionati, pensierosi: la contessa di Genzano, la bellezza fatata, dai fulvi capelli; la principessa Seraphita, dal volto ideale, vestita semplicemente di bianco, con un mazzolino di violette sul seno; la principessa Lalla, dal volto che serbava le giovanili, pure linee di cammeo, dalle spalle bianche e lunate; e infine la marchesa Paola, la gran dama di onore, la madre felice dai capelli ancora biondi e ondulati, le cui figliuole allegre e brune ballavano, nel salone.

Pazientemente, le signore del mondo diplomatico si stiravano i lunghi guanti di camoscio sulle braccia, chiudevano e schiudevano il largo, molle ventaglio di piume, lo agitavano, odoravano il mazzetto di fiori, guardavano curiosamente, per la centesima volta, il taccuino da ballo, come se non lo avessero mai visto. Ora, poco a poco, Francesco Sangiorgio era arrivato alle spalle di donn’Angelica, e pian piano, come un soffio, le aveva detto:

«Buona sera.»