i capelli un po’ brizzolati, dalla fisonomia mobile dove tutta l’espressione di un’anima irrequieta si dipingeva, rispondeva presto presto alla regina, piegandosi anche lei, dimostrando un interesse rispettoso. Le altre signore del mondo aristocratico, del politico, del diplomatico, riunite in gruppi, discorrevano fra loro, fingendo d’interessarsi al discorso, ma tenendo d’occhio, attentamente, ogni moto della sovrana: e non ballavano ancora, non accettavano inviti a ballare, distratte, assorbite nel pensiero di quello che avrebbe detto loro la regina. Tutte quante, malgrado il censo, il nome, la bellezza, tutte le fortune dell’anima e del corpo, non ambivano che questo minuto di colloquio pubblico, innanzi a duemila persone, con la regina; tutte quante dimenticavano ogni speranza, ogni desiderio, ogni interesse, ogni altro affetto, nell’ambizione muliebre di questo breve colloquio, al cospetto del pubblico. Le ragazze, soltanto, a cui non sarebbe mai toccato quest’onore, venute al ballo per mostrare la loro giovanile bellezza, per essere allegre, per ballare, per annodare uno di quegli innocenti e poetici legami d’amore, le ragazze, invece, già ballavano il waltzer, nel largo giro