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334 La Conquista di Roma

complesso, che i sensi non sentono, ma che lo spirito sente; il coro unico dove tutte queile voci bianche, rosee, rosse, diventavano una sola voce.

Invano, invano, sotto l’orchestra, dietro le panchette, nei vani delle porte, la siepe nera e bianca degli uomini, fittissima, cercava discernere un viso, una fisonomia, una persona, la persona, quella donna. Essi, gli uomini, non percepivano più che un grande splendore di gioielli, dove ogni altra cosa moriva: non percepivano più che una donna sola, la donna, dalle braccia nude, dalle spalle nude, dove trecento donne scollate erano assorbite.

Ma un improvviso silenzio cadde sulla sala: una immobilità colpì quelle trecento donne che rimasero con gli occhi fissi sulla porta del fondo, senza batter palpebra. Dall’orchestra risonarono le prime note della fanfara: chiarissime, squillanti, militari, di un effetto strano in quel silenzio, in quella pompa tutta femminile. Come di scatto, le trecento signore si alzarono, con un fruscio di stoffe: e stettero aspettando, strette l’una all’altra: tutte sorridenti, con le spalle un po’ sollevate che parea dovessero sfuggire