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302 | La Conquista di Roma |
cose, egli ascoltava, sì, ma seguiva tutti i movimenti molli ed eleganti di donna Angelica.
«Fumate, fumate,» gli aveva detto don Silvio, offrendogli dei sigari e continuando a masticare il suo toscano.
Egli aveva guardato dalla parte della signora:
«Mia moglie è abituata, non le fa nulla,» aveva soggiunto brevemente il ministro.
Pure, Sangiorgio non aveva fumato, malgrado il bel sorriso di donn’Angelica. Seduto presso un tavolino, più che parlare, ascoltava: poichè a don Silvio piaceva di essere ascoltato. Il ministro che adorava la politica, ardentemente, come un appassionato ventenne, era quel giorno in collera con lei: e negli stessi rimproveri che le dirigeva, nel disprezzo che mostrava di averne, nella nervosità, ora sarcastica, ora collerica, con cui ne parlava, si sentiva la passione, la vecchia passione, tutta fiammeggiante ancora, che gli abbruciava le vene di antico parlamentare. A Sangiorgio, in don Silvio, come in un sogno, gli pareva di udire una parte dei propri pensieri, uno sfogo del suo spirito vaneggiarne, i cui deliri mai a nessuno aveva confidati.
Riconosceva quella febbre interiore che lo tra-