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La Conquista di Roma | 289 |
Ora, egli vide, accanto a sè, questa dolcissima donna, questa donn’Angelica, dalla parvenza realmente angelicata. Era vestita di nero, di cordoglio profondo, come quei funebri reali, in quel Pantheon sacro alla gloria e alla morte dell’Eroe, lo comportavano: e tenea gli occhi languenti fissi in un cero che si struggeva. Nulla ella vedeva, nulla parea sentisse, assorta nei suoi pensieri sicuramente di mestizia, perduta nei suoi sogni di dolore. Seduta accanto a una colonna, aveva voluto leggere, nel suo libro di orazioni, le preghiere che chiedono pace, che invocano requie ai defunti; ma presto il libro le era caduto in grembo, semi-aperto e le mani inerti non avevano avuto forza di riprenderlo.
E a lui, quella gentilissima abbrunata, dal pallore di perla sotto il velo nero, dalle labbra soavi ancora schiuse pel passaggio della preghiera, dagli occhi perduti in mistiche e dolorose contemplazioni, parve una figura divina. E tutto, lume fievole azzurro di lampade, lume sottile di fiammelle che si allungavano, aria di dolore, musica di desolazione, profondo impregnamento doloroso che pareva avesse ammollito persino le antichissime, saldissime muraglie del Pantheon,