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288 | La Conquista di Roma |
PARTE TERZA
I.
Un soffio molle di pianto; una luce mesta che le funebri tede pagane, lambenti con la fiamma azzurrognola le pareti di masso granitico, non diradavano; una luce velata che le gialle candele funebri cristiane, anime consumantisi nell’amore, non aumentavano; una fredda aura di sepolcro; un singhiozzìo frequente musicale; e una gran massa di gente nera, quasi perduta nell’ombra di quei funerali: e nell’aria, nella luce, nelle fiammelle, nell’ombra, nella musica, erano lacrime versate e desiderio di lacrime nuove, era la nota del dolore irrimediabile.
A lui, fermo al suo posto, e lasciantesi penetrare da quel languore melanconico che al dolore per infinite e continue gradazioni declina, un improvviso, intimissimo tremore scosse i nervi e fece battere violenti i polsi: e per naturale moto, sentendosi tremare e impallidire, egli si volse intorno, cercando scorgere qualcosa in quel fioco lume che scendeva dal velario.