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272 | La Conquista di Roma |
che gli stessi meschini possono per un istante traviare questi cuori e queste intelligenze, ma che di fronte alla grandezza di un’idea, tutto sarebbe scomparso.
Invano, ogni tanto, arrivavano sino a lui i soffi maligni, le voci calunniose, le notizie false o falsificate; invano, qualche vero amico gli suggeriva di diffidare, di considerare la situazione da pessimista: il ministro dell’interno conservava quella sua spiritualità appena appena velata di amarezza, egli non poteva esser vinto; moralmente e materialmente, si sentiva saldo, stretto coi colleghi, fatto forte da una causa generosa. Non voleva sentire lo sviluppo della crisi parlamentare, il ministro: eppure in quella grande caldaia politica bollivano tutti i temperamenti, e tutti i caratteri delle regioni italiche si manifestavano. I Siciliani si davano a quella loro foga simpatica, mescolata d’ironia e di buon senso; i Napoletani gridavano e gesticolavano; i Romani aspettavano, attenti, temporeggiando, sapendo il momento in cui dovevano intervenire; i Toscani ridevano dietro gli occhiali, sogghignavano sotto i baffi, ambiziosi, mefistofelici, burloni di sè stessi e degli altri; i Lombardi si aggruppavano, un