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La Conquista di Roma | 271 |
a coloro che lo interrogavano amichevolmente. «Non vi sarà crisi,» soggiungeva a chi glielo affermava con una certa aria di protezione preoccupata.
In fondo, egli conosceva il mondo politico e gli uomini che lo compongono: sapeva bene che il presidente del consiglio era con lui, che eran con lui gli altri sette ministri, che questo corpo vigoroso di nove individui non si sarebbe fatto scalzare, così, senza una ragione al mondo, perchè un municipio non ha voluto firmare un indirizzo al re e ha levato la croce dalla bandiera tricolore. Egli conosceva bene la passione furibonda dei suoi otto colleghi pel potere, la tenacia di quelle ostriche attaccate allo scoglio; per arrivarci avevan dovuto soffrire e agonizzare politicamente, sarebbero morti prima di andar via. Egli sorrideva, pensando quanta forza può dare la debolezza: sorrideva, ed era sicuro.
E passava a un giro d’idee più morale: lo scetticismo non aveva intaccato certe sue nobili credenze, la sua fede nella coscienza umana non era ancora scossa. Egli sentiva che questo culto supremo della libertà era l’amore di tutte le intelligenze, di tutti i cuori italiani: egli sapeva