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236 La Conquista di Roma

giornale del mattino che gli chiese notizie.

«Nulla ancora,» rispose Sangiorgio.

«Nel caso.... nel caso, domani, posso venire a casa Sua per prendere notizie?» insistette il giovanotto imberbe, dall’aria ingenua.

«Angelo Custode, 50,» fece l’altro, allontanandosi.

Al Caffè di Roma, il presidente finiva di pranzare col suo amico, il colonnello Freitag, il grosso uomo dall’aria infantile, dalla voce stridula e sottile: il presidente aveva l’aria stracca di persona che si riposa finalmente da una fatica improba. E subito, vedendo Sangiorgio, andò allo scopo:

«Si può conciliare questo brutto affare, onorevole collega?»

«Non lo credo, signor presidente.»

Il presidente frenò un piccolo moto nervoso e si morsicò un po’ le labbra.

«Vediamo, onorevole collega, non vi è stato un po’ di malinteso? Un duello fra due deputati è una cosa grave, non bisogna farlo per nulla.»

«Non vi è stato malinteso, glielo assicuro, presidente.»