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226 | La Conquista di Roma |
facciato due volte, lasciando a mezzo certe teorie di finanza: e si era stretto nelle spalle, infastidito, al chiasso dell’onorevole Oldofredi. Costui, arrivato innanzi all’altra porta che dava sulla stanzetta a sinistra, sogghignò, ritto sulla soglia, appoggiato allo stipite, con le mani in tasca: nella stanza a sinistra, l’onorevole Giroux, un vecchio lento e grave, con le palpebre socchiuse, l’aria di addormentato, leggeva in un librone legato in pergamena. Oldofredi sogghignava. Poi, accostandosi di nuovo al tavolino di Sangiorgio, disse, sghignazzando ancora:
«È di là, sapete, con Copernico.»
«Chi?» chiese l’altro, con la medesima solita durezza.
«Giroux. Non bastandogli di seccare la gente con le sue fandonie filosofiche, ha inventato quelle di Copernico. Chi sarà questo Copernico? Ma... Giroux giura di averlo conosciuto, a Torino: anzi era carbonaro.»
E scoppiò a ridere. Egli non vedeva, Oldofredi, la prepotente e ostinata espressione di disprezzo sulla faccia di Sangiorgio: non vedeva quel lieve tremito nervoso che faceva ballare la penna nelle dita del deputato meridionale.