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La Conquista di Roma 223

scartabellava opere di statistica, e sfogliava libri di economia politica, di storia, di scienze sociali, con quell’intemperanza di ricerche e di preparazione che è propria dei provinciali meridionali, quel fatuo anconetano ebbe un lieve sorriso di scherno. Affacciò prima il capo all’uscio, per vedere se ci fosse il collega di cui andava in cerca; poi, spinto chi sa da qual nuovo pensiero, entrò, sebbene non avesse trovato il collega. Entrò, e cominciò a passeggiare in su e in giù, oziosamente, soffiando via dal piccolo bocchino d’ambra i rimasugli della sigaretta.

L’onorevole Oldofredi, malgrado la riputazione dongiovanesca e spaldaccinesca che s’era acquistata, non era nè un bello nè un forte uomo: macchina d’ossa e di nervi mal connessa, aveva in tutta la lunghissima persona uno sconquasso sgradevole, nella faccia un color terreo antipatico, negli occhi una crudezza sciocca, e un dislocamento di tutte le membra che lo faceva parere un automa ambulante a caso.

Sangiorgio, dal primo momento che lo vide, gli pose gli occhi addosso, e non potè più lasciarlo. Una specie di attrazione dispettosa distraeva il Basilisco dalle statistiche e dai libri