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214 La Conquista di Roma

torno, un’occhiata intelligente, e come donna Luisa Catalani si voltava, a una, a due, a tre, le signore vennero a circondare donna Angelica Vargas, a chiederne il saluto, e sebbene suo marito non fosse il presidente del consiglio, sebbene ella fosse la moglie di un ministro di affari, non politico, sebbene in quel salone vi fossero tre o quattro mogli di ministri politici, importanti, le colonne del gabinetto, ella era il centro di tutti quei complimenti, ella conservava nella sua semplicità qualche cosa di regale.


Per aver meno freddo, mentre scriveva, in quel salottino lungo e stretto, senza fuoco, di via Angelo Custode, Francesco Sangiorgio s’era messo sulle gambe un vecchio soprabito. Alle otto la serva gli aveva portato una tazza di caffè, in letto: e mentre ella rassettava quel glaciale salotto, egli si era vestito, per mettersi al lavoro. La serva aveva rifatta, in un momento, anche l’altra stanza, e se n’era andata senza parlare, con la faccia imbronciata e stizzosa delle creature povere che non sanno rassegnarsi alla miseria e al lavoro.

Ma lo spazzamento, fatto in fretta, aveva la-