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La Conquista di Roma 213

fosse presentato al pianoforte, mentre che la signora pacifica e veneranda che aveva singhiozzato con Tosti, sorbiva la sua terza tazza di thè, un zittio sottilissimo circolò nel salone: e donna Angelica Vargas, alta e bella, col suo passo ritmico, attraversò il salone, cercando con gli occhi donna Luisa Catalani.

Era vestita di nero, come al solito, con qualche cosa di scintillante nella persona e nel cappello: e donna Luisa le corse incontro, col suo più bel sorriso. Le due riverenze furono profonde; un piccolo colloquio, a voce bassa, cominciò tra loro, una tutta bianca, coi capelli di un biondo dolce, l’altra tutta nera, coi dolci capelli bruni ondulati sulla fronte.

Il salone fingeva di non ascoltare, per rispetto: ma vi era quel silenzio imbarazzante di molte persone adunate insieme, quando nessuna di loro osa principiare a discorrere. Sua Altezza Mehemet pascià aveva spalancato gli occhi, e guardava la bella italiana, così casta nella figura, ma i cui occhi largi gli rammentavano le sue donne d’Oriente, di cui forse pativa la nostalgia. Poi quei begli occhi larghi, scintillanti come le perle nere del vestito, guardarono la sala, intorno in-