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212 La Conquista di Roma


«No, no,» rispose la Camilly, con uno strano sorriso.

Questa volta le ragazze si guardavano fra loro, con quelle occhiate mute ed espressive in cui il mondo le obbliga a condensare la loro intelligenza. Nel salone era cresciuta una folla di signore, e vi si addensava un calore di stoffe, un odore di thè e di opoponax, di lontra e di martora. Ora quasi tutte chiacchieravano, a coppie, a gruppi di tre o quattro, con certe leggiadre inclinazioni di testa, con certe modulazioni squisite di voci, frivoleggiando sulla Camera dei deputati, discutendo gravemente la voce dell’onorevole Bomba, dicendo quale era la tribuna che preferivano, parlando del colore dei tappeti, discutendo le sottovesti carnicine dell’onorevole conte Lapucci, e la fisonomia romantica, da Cristo pensoso, dell’onorevole Joanna. E la Gallenga, che s’intendeva di letteratura, pronunziò questa frase:

«Quest’anno è di moda l’Abruzzo nella letteratura e la Basilicata nella politica.»

Così esse credevano di fare della politica, sul serio, esaltate dal cicaleccio, con le loro testoline leggiere. Ma senza che nessun pianista si