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La Conquista di Roma | 201 |
tura romantica gli dava un piacere intenso. Quella signora, poichè era una dama, malgrado la leggerezza e l’audacia della sua condotta, parlava a tutt’i suoi desiderii di uomo forte, provinciale, fantastico e naturalmente casto. Era proprio un romanzo, un piccolo romanzo d’amore quello che gli accadeva: e quella bella donna avvolta nelle pellicce, profumata, dai grandi orecchini di brillanti che scintillavano alla luna, che aveva rimandata la sua carrozza per girare con lui, di notte, a piedi, per le strade di Roma, quella creatura lo seduceva per tutto quello che rappresentava. Egli ne subiva il fàscino personale, complicato dalla stranezza del caso: e in fondo, nel crescente smarrimento della volontà, in quella specie d’ubbriachezza che lo vinceva, gli restava la coscienza che non commetteva nulla di grave. Così i suoi scrupoli di solitudine e di ordine erano vinti e si lasciava prendere, in questo nuovo trionfo del suo amor proprio, carezzato, lusingato, sentendo la delizia di questa vittoria.
Scendevano gli scalini, al chiarore lunare che pareva bagnasse di mollezza le pietre della vecchia Roma. Sull’antipenultimo, donna Elena ritrasse il suo braccio da quello di Sangiorgio e{{Pt|{{PieDiPagina|Serao