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194 La Conquista di Roma

chi si seccava, e che finalmente potrà andare a letto. I cinque domino neri femminili che erano stati tutta la sera in un palco senza muoversi e senza parlare, come tanti congiurati, ora scendevano al braccio di cinque giovanotti, coppie silenziose, quasi lugubri, che parea si avviassero a una cena funeraria. Giusto dietro loro scendeva l’onorevole Carusio, un deputatino dalla testa calva come una palla di bigliardo, con un lungo, stravagante pizzo nero napoleonico che gli arrivava sulla pancia e con un’aria di uomo timido e impacciato, pieno di faccende e pieno di preoccupazioni.

«Caro collega,» disse Carusio, fermando improvvisamente Sangiorgio sul primo scalino, «scusate se vi fermo così, perdonatemi, ve ne prego: sono in molta pena. Un parente di provincia, capitato qui, mi ha costretto ad accompagnarlo al veglione che non aveva mai visto: figuratevi se mi ci annoio. Sono inquietissimo. Il presidente del consiglio è dunque molto ammalato?»

«Non molto, non molto,» rispose sorridendo Sangiorgio: «è la solita gotta che lo tormenta.»