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192 | La Conquista di Roma |
fece Seymour, raddrizzandosi le lenti sul naso, con un moto familiare. «Perchè non fate stampare il vostro discorso, Sangiorgio?»
«A che serve?» rispose questi, con un accento sincero di sfiducia; «ritornerò alla carica diversamente, al bilancio di agricoltura,» riprese poi, come rianimato.
Ma come l’orchestra aveva intonato lo stridulo ed eccitante waltzer di Strauss, Saluto di gioia, un grande movimento vi fu nella folla, il circolo del ballo si allargò, la gente fu respinta sotto i palchi, il gruppo dei deputati fu diviso. Sangiorgio restò solo. Le signore dei palchi guardavano giù, ardentemente, invidiando quelle pedine che ballavano con tanto entusiasmo: ed esse, lassù, dover starsene sedute, mentre quella musica e il veder gli altri ballare, le eccitavano alla danza. Tre o quattro, scollacciate, venivano dal ballo di casa Huffer e lasciavano ammirare tutta la magnificenza dei loro vestiti. Il piccolo principe di Nerola, adesso, era nel palco di sua cugina, la contessa di Genzano, la grande bionda affascinante e tizianesca: nell’ombra si vedeva il viso un po’ scialbo, ma ancora corretto, quasi bello, di lineamenti, del ministro di grazia e