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La Conquista di Roma 189

fino ai gomiti, con un moto nervoso. L’onorevole Pasta, l’avvocato subalpino, dalla faccia rasa e dalle fedine biondo-brizzolate, le diceva qualche cosa di molto spiritoso che la faceva ridere; l’onorevole Cimbro, il deputato giornalista piemontese, assorbito dietro le lenti, con la cravatta che gli era risalita sotto l’orecchio, aveva l’aria di un uomo che è imbarazzato della propria persona: invece il segretario generale, piccolo, un po’ calvo, con un mustacchietto grosso e corto, serbava un silenzio solenne guardando la platea come se non la vedesse. Quando Sangiorgio passò, gli fece un saluto profondo, pieno di espressione, quasi affettuoso, il saluto riconoscente del segretario generale che dimostra la sua gratitudine a colui che gli ha fatto il piacere di attaccare il ministro.

— Dove sarà Sangarzia? — pensava tra sè Sangiorgio, camminando a stento in quella folla che cresceva sempre.

Nel suo palco, la baronessa Noir, un corpicciuolo serpentino, una simpatica testina viperea, avvolta in uno strano abito di seta cangiante, dove erano ricamati dei tulipani e dei pavoni, aveva raccolto un secondo piccolo ministero degli