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184 La Conquista di Roma

vasca e il grande specchio del fondo, sotto la tribuna dell’orchestra. Questa, a un tratto, scoppiò sul suo capo, con le prime note della mazurka dei postiglioni del ballo Excelsior, che era popolare in quell’inverno. Vi fu un momento di fluttuazione dal palcoscenico alla platea, come se tutte le teste ondeggiassero a quel ritmo vivace: la gente rifluì verso la platea a veder ballare. In un angolo di quinta, a sinistra, solo a un tavolino, l’onorevole Schuffer beveva della birra guardando la gente coi suoi occhietti chiari dietro gli occhiali, rizzando ogni tanto il nasetto sottile e il mento arguto.

«Oh caro collega,» disse Schuffer con la dolcezza dell’accento veneziano; «prende una tazza di birra con me? Ma già Lei è napoletano, e non gusterà la birra».

«Grazie, grazie, onorevole, non prendo nulla: sono entrato adesso.»

«Io, da un’ora, ma in un’ora quante gomitate nelle costole, quanti spintoni, quanti piedi passati sui miei! Mi sono rifugiato qua per evitare le occasioni: Lei già saprà che io sono sfortunato, in certe cose.»

Sangiorgio sorrise: l’onorevole Schuffer, con