Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
La Conquista di Roma | 151 |
Sangiorgio proseguiva, dicendo che tutta la triste esperienza della sua gioventù, a contatto coi contadini, si era ribellata a una proposta del ministro, che pareva molto innocente. Il ministro aveva detto che, dovendo dare dei milioni al collega della guerra, era mestieri fare ancora delle economie. Benissimo; l’economia era una forza nelle nazioni giovani. Ma il ministro chiedeva inoltre un piccolo aumento sulla tassa del sale. Sangiorgio intendeva la necessità di Stato che obbligava il ministro a chiedere quell’aumento di tassa, ma quei pochi centesimi rappresentavano una sequela di guai, un aggravamento a condizioni di vita già insopportabili. E allora egli rifece con vivezza il quadro della miseria contadinesca, così maggiormente e diversamente terribile della miseria cittadina, narrando coi particolari più veristi, con aneddoti brevi e lugubri, dove abitavano i contadini, quello che mangiavano, cioè come digiunavano, e come l’esattore delle tasse fosse per loro lo spettro pauroso della fame e della morte. Egli descrisse tutta la nudità rossastra del grande paese di Basilicata, le frane che ruinano dai monti dispogliati, andando a coprire i pochi pascoli, e la lontananza dei villaggi