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150 | La Conquista di Roma |
trici, e hanno necessità di vivere dell’esistenza altrui, e sfruttano forze, e affogano lamenti, e dànno all’uomo che ci vive una tal febbre, che lo fa dimentico di qualunque altro interesse umano. Chi le sa le miserie delle provincie? Chi si fa l’eco di quegli sfoghi dolorosi e sommessi che non possono arrivare sino a Roma? Certo, alcuni valenti e buoni e coraggiosi, ogni tanto, narrano alla Camera le pene di tanta parte degl' Italiani; ma sono voci isolate, si affiochiscono, poi tacciono. Eppure non bisogna tacere: bisogna che la verità si sappia.
Ora la Camera ascoltava attentamente, con un certo interesse meno ironico, più benevolo. Era una neutralizzazione allo stento, alla difficoltà di comprensione che presentava il discorso antecedente del ministro: dopo una tensione dolorosa di due ore e mezzo a seguire il ballo fantastico delle cifre, quella eloquenza abbastanza semplice sollevava gli spiriti oppressi. Eppoi, in quella calata di giorno, freddissima e oscura fuori, beneficamente calda e chiara dentro l’aula, la Camera era presa da una sentimentalità, da un gran bisogno di affetto e di generosità. Di che si lagnavano le province, dunque?