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142 | La Conquista di Roma |
amici! Egli era forte, anzi era tutta una forza, metallica, massiccia, lucida, che gli ossidi della maldicenza politica o della discussione non potevano corrodere. Gli stessi avversari suoi ammettevano la sua potenza e contribuivano a rendere più grande il suo trionfo. A studiarlo acutamente, si finiva per intendere com’egli fosse fuori della passione politica, tutto preso dall’amore della finanza.
Poi l’atmosfera dell’aula conciliava un certo raccoglimento vago, senza pensiero. Mentre fuori, a metà gennaio, spirava una tramontana secca, fischiante e tagliente, uno dei tre giorni di freddo dell’inverno romano, dentro l’aula le bocche dei caloriferi mandavano un continuo alito di calore. Tutta chiusa, senza finestre, con qualche rara apertura di porte nelle tribune, porte che si richiudevano subito, senza rumore, come se strisciassero sul velluto, con quelle stuoie su cui si smorzava ogni passo, l’aula aveva un aspetto fisicamente confortante. Con tutto questo, il presidente, il bell’uomo cinquantenne, dal viso bruno e dai capelli ancora tutti neri, aveva le gambe avvolte in una coperta di velluto azzurro, foderata di pelliccia; e ascoltando il ministro, ogni