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124 La Conquista di Roma

di meraviglia sulla faccia. Quei due, non li univa nè l’affetto, nè la simpatia, nè altro interesse; solo la curiosità, il desiderio di conoscersi, misto a un senso di diffidenza, di due maestri di scherma che si mettono in guardia e non si arrischiano ancora a un vero assalto. Attorno a loro la folla si disperdeva lentamente; la bandiera era andata già via, i veterani s’incamminavano per la discesa, sbandati, a gruppi di due o tre, schiene curve nei rozzi soprabitoni e gambe un po’ vacillanti: qualcuno, ogni tanto, si voltava a dare un ultimo sguardo al Vascello e si fermava.

Il giovane oratore era sceso dalla carrozza con un salto e si era unito ai suoi amici studenti: aveva spiccata una rosellina dalla siepe e se l’era posta all’occhiello: camminando verso Roma, in fila di quattro o cinque, egli si teneva la mazzettina di balena sotto l’ascella e s’infilava delicatamente un guanto. Una comitiva di operai era salita all’osteria di cocina: sopra una terrazzina e intorno a una tavola grezza, si beveva di quel leggiero vino giallo che sa di zolfo. E dopo dieci minuti non vi era più nessuno sotto la lapide ai caduti del 1848: la villa del Vascello serbava, nella solitudine, il suo aspetto di casa smantel-