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114 La Conquista di Roma

adesso, un centinaio di persone. A un gomito di una piccola strada, tutt’a un tratto, con una improvvisa rischiarata di orizzonte, si trovarono in un grande viale. Da una parte, dietro un breve parapetto, era Roma, tutta chiara nella luce; dall’altra, una proda verde, la cresta del Gianicolo, si elevava; a mezza costa, l’Accademia di Spagna mostrava le sue fondamenta, intorno a cui girava il gran viale ascendente. Tre o quattro volte, l’associazione dovette farsi da parte per lasciar passare qualche equipaggio che trottava vivamente alla salita, senza far rumore, sulla ghiaia; qualche profilo femminile appariva e spariva dietro i cristalli. A un punto, dove il viale piegava ancora, innanzi alla villa Sciarra, fra due siepi aristocratiche di agavi fiorite e di pioppetti giovani, un signore fermo chiamò:

«Onorevole Sangiorgio?»

Questi trasalì, si voltò e scorse l’onorevole Giustini, un deputato toscano, con cui aveva parlato tre o quattro volte, essendo vicini di posto, all’ultimo banco del loro settore, al centro destro. Lo raggiunse.

«Segue la dimostrazione, collega?» domandò Giustini, con la voce velata d’ironia e di stanchezza.