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La Conquista di Roma 111


Avanti, quattro o cinque signori, in soprabito e cappello basso, andavano tutti seri, quasi misurando il passo; il portabandiera aveva sul soprabito una tracolla di pelle, con un anello di metallo sulla pancia per reggere la bandiera, mentre una tuba lucida gli si abbassava fieramente sull’orecchio. Poi una ventina di uomini vecchi, in cappello di feltro molle, con certi soprabitoni grevi e pelosi, di antica data: chi aveva tre, chi quattro medaglie, varî andavano curvi, uno, zoppo, si trascinava a stento reggendosi sopra un bastone. Era un manipolo di reduci dalle battaglie 1848-49; qualche giovanotto, molto meno che trentenne, vi era frammischiato. In coda, le facce equivoche, brune, lucide, dai mustacchi a spazzola, di due guardie travestite, in giacchetta, cappello basso sull’orecchio, passo militare e bastoncino di giunco sotto l’ascella. I giovanotti del Caffè Aragno nemmanco si voltarono, abituati a vederne passar tante di queste processioni, indifferenti oramai: sui marciapiedi qualche persona si fermava distratta: i due giornalisti discussero un momento, davanti a Morteo, poi l’uno si decise, e si staccò dall’altro, si strinse nelle spalle e si unì alla dimostrazione, col contegno dell’uomo