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106 | La Conquista di Roma |
lato, gli avevano messo nelle fibre una debolezza, gli avevano immeschinito l’animo sino al pettegolezzo, e scomposta la fantasia in sogni ridicoli e inutili.
Una natural reazione gli restituiva l’equilibrio, e col buon senso egli acquistava una lucidezza di ragionamento, un’acutezza di logica che penetrava e intendeva quanto gli era rimasto oscuro la mattina. Egli intendeva che fosse questo accumulamento di case mobiliate, di quartini mobiliati, di stanze mobiliate, che sorgono, s’infittiscono in tutta Roma, e formano in essa una vegetazione larga e potente che quasi la soffoca; e tutto questo rimescolìo bizzarro di donne borghesi, di sarte, di portinaie, di serve, di bottegaie, che dall’affittar camere traggono il più facile e più sicuro guadagno; e fra colui che cerca casa e tutte queste donne, un contatto necessario, le comunicazioni interne delle porte chiuse e aperte, in cui si conviveva, un vedersi al mattino, alla sera, nelle ore pericolose della giornata, una dominazione femminile che comincia dalla casa, si estende alla biancheria, poi ai vestiti, poi ai libri, poi alle lettere dell’inquilino, e arriva sicuramente, per vie oblique, sino alla persona. Egli