lissimo fatto. Passeggiavo, fumavo, morsicchiando la mia sigaretta, lasciando che si spegnesse, gittandola nella via, accendendone un’altra. Nella sera, ad uno ad uno si spegnevano i lumi del paesello. Passò un treno alle nove; era un diretto, non fermò. Alle dieci un altro; fermò per due minuti; era l’ultimo. La stazione era il mio faro, la mia compagnia.
Illuminata, mi riscaldava il cuore come un raggio di sole. Certo i due impiegati, i facchini, il capostazione dovevano essere molto stanchi, poichè smorzarono subito e se ne andarono a letto. Mi parve di rimanere solo, abbandonato, in un deserto, senza luce, senz’acqua.
Rientrai in camera, tutto angustiato. Dinanzi ad una fioca stearica d’al-