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202 l'attesa


spalle, inerpicato sulla collina, il paesello dormiva. La profonda pace della notte era intorno a me. Io solo vegliavo, inquieto, febbricitante, esaltato, passeggiando su e giù, mentre la mia ombra si allungava, si accorciava, scompariva, mentre nulla poteva calmarmi. Io aspettava lei. Da tre giorni io l’aspettava nell’unico albergo, in quella piccola stagione intermedia, che niuno conosce. Ella doveva venire, passare con me una giornata e partirsene. Io l’aspettava.

Per questa giornata io fremeva ed impallidiva da due mesi, lavorando, ridendo, vivendo sotto l’imperio dell’idea fissa. Da due mesi ella palpitava come un uccello morente, nel disordine delle sue lettere; da due mesi, noi menti-