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74 per monaca

sono molto nobili: chi conosce i Bariatine? domandò Maria Gullì-Pausania, guardando una pila di strofinacci nuovi, da marcare, per le cucine dell’ospizio, indecisa se fare quest’altro sacrifizio alla carità.

— Naturalmente, il nobilissimo signor Massimo Daun, non avrà più trovato né un amico che gli presti cinquecento franchi, nè uno strozzino che gli creda, e ha finito per appagare l’ardente amore di Olga Bariatine, che è poi bellina, ricca e buona.

— Ma di mala voglia, molto di mala, voglia, — riprese Elfrida Kapnist, che orlava delle cuffiette, — stanotte a una cena, fra giovanotti, egli ha bestemmiato come un turco, contro il matrimonio, contro la Piccola Russia e contro tutta la razza slava.

— Che orrore! — esclamò Eva, — non mi vorrei maritare a questo prezzo, neppure per un uomo che adorassi.

— Perchè non ne adori nessuno — osservò placidamente Tecla Brancaccio.

Angiolina Cantelmo, che era entrata allora, abbozzò un debole sorriso. Era una persona delicata e alta, con certi occhioni azzurri pieni di fluido, con le guance colorite di un sangue finissimo roseo, un roseo giapponese di porcellana trasparente. Ella apparteneva alla più nobile, più antica famiglia napoletana, la vecchia casa Cantelmo, in cui erano tradizionali la bontà, la bellezza, il valore, la generosità; ma da duecento anni, nella casa, si andava perpetuando una tradizione di sventura, una grande fatalità morale e materiale discendeva per li rami, la leggenda parlava di un delitto da espiare, a redimersi dal quale non valevano l’onestà