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telegrafi dello stato 59


Pure la telegrafista restava alla sua linea, tentando ancora, tentando sempre, sperando sempre di poter corrispondere. La malattia della corrente era così bizzarra! Da un istante all’altro essa poteva guarire, per un’ora, o per una giornata. E con questa incertezza, la telegrafista passava le sue ore in sforzi inutili, provando, riprovando, con una costanza di coraggio, con una rassegnazione tutta giovanile. Ogni tanto si udiva qualche sospiro profondo:

— Che hai? — domandava la Caracciolo, che ci si divertiva ai guasti, perchè non si lavorava.

— Questa linea di Catanzaro mi fa morire, — rispondeva Grazia Casale.

E ogni tanto:

— Non si corrisponde più con Benevento.

— Che guasto vi è?

— Corrente continua. —

Ma il guaio maggiore erano i contatti. Per la pioggia, per le strade cattive, per la pessima manutenzione dei fili, per un uccello che vi si posava, per un caso qualunque, frequentissimo in inverno, due linee che andavano nella stessa direzione, si univano, e accadeva il contatto. A un tratto, mentre si parlava con Reggio, saltava fuori, sulla linea, Torre Annunziata, e le trasmissioni s’imbrogliavano, si confondevano, i corrispondenti litigavano, le correnti s’intrecciavano. E la voce triste di Clemenza Achard, lieve, lieve, diceva:

— Non si va più con Reggio: vi è contatto con Torre Annunziata. —

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