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52 telegrafi dello stato


— Una settantina.

— Date. —

E ricominciava a ricevere, con la bocca arida, le dita sporche di inchiostro, sino alla prima falange. Poi, presa da una specie di delirio telegrafico, diceva al corrispondente: «trasmettete più presto, io so ricevere». Quello affrettava la trasmissione, rapidissima, di una velocità quasi irraggiungibile e quella lo aizzava, lo spronava, come il fantino al cavallo da corsa, dicendogli ogni tanto: «più presto, più presto, più presto».

Sulla linea Napoli-Salerno, lo spettacolo era diversamente meraviglioso. Il corrispondente di Salerno era il migliore impiegato di quell’ufficio: e corrispondeva con Peppina Sanna, una delle più forti, se non la più forte, della Sezione Femminile. La mattina si erano scambiati una sfida gioconda, da campioni valorosi, si erano salutati come due schermitori di prima forza: e il torneo era cominciato. Alternavano trasmissione e ricevimento, a partite eguali, di un dispaccio: appena il corrispondente dava la firma del suo dispaccio, Peppina Sanna aveva la mano sul tasto per dare il proprio. Era un alternarsi di rumori: ora il tasto di Napoli rapidissimo, saltellante, sotto la ferma mano di Peppina, ora il coltellino che riceveva la trasmissione di Salerno che ballava, ballava, con un ticchettìo infernale. Si eccitavano, a vicenda: «che tartaruga siete!» — esclamava Peppina Sanna. «Ah, sono tartaruga?» — gridava il corrispondente e correva, correva come un indiavolato, per vedere di sbigottirla. «Credete di spaventarmi?» — esclamava lei e precipitava talmente