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telegrafi dello stato 37


dei trams, che aspettavano i passeggeri per partire per Posillipo. E, puntuale, non si dimenticava mai di fischiare, ogni mezz’ora, come per dire: «consolati, bella mia, io son qua, ti voglio bene, non ho il coraggio di andare a divertirmi, mentre tu lavori, io ti aspetto, abbi fede, abbi pazienza». La soave leggenda sentimentale circolava nella Sezione Femminile: e il fischio lo aspettavano tutte, come se fosse un interesse affettuoso proprio. Alle nove Peppina De Notaris era la prima ad andarsene, salutando in fretta: fuori trovava suo padre che l’aspettava per ricondurla a casa: ma giù, sotto i portici del cortile per non dare nell’occhio, l’innamorato passeggiava. Si scambiavano un buonasera, sottovoce: e se ne andavano in tre, discorrendo, piano, di quello che era avvenuto il giorno nella Sezione Femminile e nell’Ufficio municipale. Egli non mostrava né impazienza, né stanchezza per aver tanto atteso, in un caffè solitario, a non far nulla: ella lo guardava con una tenerezza infinita, senza ringraziarlo.

— Signorine — avvertì la direttrice, — non dormite, perchè a momenti sarà qui il direttore. —

Quelle che facevano l’uncinetto, lo riposero, avvolgendolo in un pezzetto di giornale: quelle che leggevano, chiusero i libri. Pasqualina Morra riportò il volumettino delle poesie di Parzanese alla direttrice, che glielo aveva prestato: ella era la prediletta, perchè non parlava, perchè non si muoveva dal suo posto e per aver pubblicato dei versi a una viola, in una strenna religiosa. Maria Immacolata Concetta Santaniello, detta la bizzocchella, per farsi merito, si mise a leggere la convenzione di Pietroburgo, per il servizio telegrafico