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in macerazione, talvolta strappava dei profumi all’orto Astianese, dove erano fioriti i mandarini. Ma nulla sapevano, Mimì la bionda e Federico, di quanto accadeva intorno a loro, puzzo o profumo, canto di cicale o ronzìo greve di mosconi: nulla sapevano di quello che avvenisse dietro la persiana verde.

— O Mimì, con chi sei andata alla messa?

— Con mammà e zia Lucrezia Piccirillo.

— È vero che ti vogliono far sposare Antonio Piccirillo?

— Ho pregato santa Emma, stamane, perchè questo non sia.

— Santa Emma vorrà proteggerci, Mimì?

— Così speriamo, — mormorò la biondina, congiungendo le mani.

— Speriamo, — soggiunse Federico, diventato pensoso.

Dietro la persiana, la zitellona guardava le maglie bianche della sua calza, ma non le vedeva: col quarto ferro, distrattamente, si punzecchiava una guancia. Sotto l’urto del ferro la pelle floscia cedeva; ma non si scorgeva una goccia di sangue, dietro quella carne appassita di creatura anemica. Ripensando alle parole di speranza che i due giovani avevano pronunziate, ella chinava il capo sotto i ricordi delle speranze morte, tormentando la sua guancia esangue, stuzzicando il suo cuore silenzioso e secco.

— Ma esiste una santa Emma? — domandò Federico, volendo fare pompa di scetticismo.

— Sei un eretico, Federico, — osservò gravemente Mimì Sticco.