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spose che erano già madri, o dovevano esserlo, o desideravano profondamente di diventarlo, si lasciavano andare a tutto l’affettuoso sogno che sgorgava, naturale, dal cuore aperto.

Rosina ascoltava, già rosea, approvando col capo o negando con un cenno della mano, ella, la madre felice. Ritta, immobile, appoggiata alla spalliera del letto, Emma, la sola fanciulla in quella stanza, ascoltava. Tutta quella maternità che fluiva nelle parole, nei sorrisi, nelle voci, negli sguardi, in certe intonazioni, tutta quell’onda letificante di amore, arrivava sino a lei, penetrandole nell’anima, ella beveva, quasi, tutta quella dolcezza: e nello spasimo di quella impressione troppo acuta, il viso pallido diventava cereo, e i grandi occhi languidi si facevano più tristi, più trasognati che mai.

Dalla strada salì un rumore sordo di ruote: la puerpera si distrasse, chinò le palpebre, restò come assorbita: le signore tacquero, aspettando. Una viva scampanellata risuonò per tutta la casa: il volto della puerpera si tramutò. E in anticamera sorse un vocìo intenerito di serve, di familiari:

— È tornato, è tornato! San Gaetano lo benedica! Cresci santo, cresci santo! —

Il piccolo essere si avanzava, portato solennemente sulle braccia di Grazia Santangelo Orlando: il lungo abito bianco da battesimo, tutto merletti, tutto ricami, pendeva da un lato, la testina si appoggiava sopra un cuscino, tutto a merletti. La faccia un po’ rossa, dalla pelle delicata, s’incorniciava fra l’arricciatura di una cuffietta di gala: gli occhietti aperti avevano lo