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spettacolo cominciava: una delle macchine principiò ad ardere, a tre colori, a girandole roteanti, a razzi. Il popolo samaritano applaudì, la folla ondeggiò tutta, per la soddisfazione. Emma si scosse, scrollò le spalle, cercò liberarsi dalla malinconìa: in fin de’ conti, non era la più infelice di tutte. Quelle sorelle Astianese avevano, è vero, cinquantamila lire di dote, ma erano sei, un reggimento, un corpo di esercito, facevano sgomento ai giovanotti, chi sa se si sarebbero maritate? E le tre innamorate di Giorgio Lamarra erano tre sciocche: nè Clementina Riccio, nè Paolina Gasbarra avevano la dote militare, e il padre di Grazia Orlando non l’avrebbe mai data a un ufficiale — e lui, Giorgio, le ingannava tutte tre, aveva una innamorata a Firenze, tutti lo sapevano, non avrebbe sposato che quella.

Ardevano allegramente le girandole tricolori, sprizzando scintille, mentre i contadini di Altifreda, delle Curti, di Centurano e di Cancello Arnone, guardavano a bocca aperta; ardevano i cuori delle ragazze Astianese e delle tre innamorate di don Giovanni, ma che restava? Un po’ di fumo, una grande ombra, un barbaglio doloroso negli occhi.

Ma subito un’altra macchina s’accese, era una scappata di razzi che salivano altissimi nel cielo, si schiudevano lassù, con una debole detonazione, come un fiore che si apre, e si dividevano in tante stelle di colori delicati. Le ragazze Capitella erano molto ricche, ma per questo nessuno osava ricercarle: le loro pretensioni erano stravaganti, nella provincia non vi era nessuno che potesse contentarle: si sarebbero le Capitella maritate? E anche la Roccatagliata, la minore, faceva