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facevano gli onori dell’Assunzione alla borghesia e all’aristocrazia di Caserta e di Capua.

Sulla terrazzina del Circolo Militare che aveva dei festoni di lanterne cinesi, Giorgio Lamarra, il bello e biondo tenente di artiglieria, sospiro delle romantiche fanciulle samaritane, faceva il chiasso con un gruppo di ufficiali di Nizza cavalleria, venuti da Capua: dal balconcino di sua zia. Clementina Riccio, la brunetta languida e malinconica, non cessava di guardare il terrazzino e Giorgio Lamarra: dal balcone della sua comare, donna Peppina Cannavale, Paolina Gasbarra, la loschetta vivace e spiritosa, si piegava sullo sporto e rideva ad alta voce, per farsi udire da Giorgio Lamarra: da uno dei cinque balconi di Rosina Sticco, la novella sposa, riboccanti di luce e di persone, Grazia Orlando, la più bella creatura di Santa Maria, fingeva di discorrere con la sua cugina di Napoli, Caterina Borrelli, ma in realtà teneva d’occhio il terrazzino e Giorgio Lamarra — nessuno di loro aveva uno sguardo per le otto macchine pirotecniche, allineate sul lato destro della piazza, e per il castello, il pezzo finale, dove si doveva vedere il trionfo della Madonna, Assunta in cielo.

Sul balcone grande del Municipio, le due ragazze Roccatagliata, le figliuole del sindaco, due gentiline sottili e brune, si affaccendavano intorno alle tre sorelle Capitella, figliuole del sindaco di Caserta, venute nel loro equipaggio, scortate dal padre e dal fratello, che doveva sposare Cristina Roccatagliata: matrimonio che a tutte le ragazze coetanee di Cristina, diciottenni, pareva logico, e che tutte le ragazze fra i ventitrè e i