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186 nella lava


Eugenia; erano andati da quello zio, come a uno spettacolo teatrale, per vedere la montagna: ma la grandiosità del fenomeno, tutto quel fuoco che si ripercuoteva nel cielo e nel mare, ed il senso del pericolo avevano colpito quella famiglia di persone grasse e felici. Eugenia tenendo stretta la mano del suo fidanzato, chinava il capo, come compresa di malinconìa, ed egli le parlava sottovoce, per incoraggiarla: pericolo non ve ne era, e poi, non vi era lui, che le voleva bene, molto, da molto tempo, fino dalla estate scorsa, fino dalla prima sera che l’aveva conosciuta? La grassona, a cui nessuno mai aveva detto così dolci cose, tremava, il viso ardeva, le pareva di avere addosso tutte le fiamme dell’eruzione, non sentiva più le parole che si mormoravano, fra i vecchi di casa Malagrida:

— La terza lava minaccia Napoli: sarebbe bene di esporre San Gennaro. —

Sul grande terrazzo dell’Hôtel de Rome, a Santa Lucia, che da sul mare, una folla di invitati si accalcava; il padrone dell’albergo, uomo pratico, voleva profittare della réclame, che la montagna gli faceva. Il contino Girace aveva procurato dei biglietti d’invito alle De Pasquale, al loro sèguito, e le ragazze si erano installate in un angolo, sfoggiando certi cappuccetti mefistofelici di velluto nero, foderati di rosso: ma non avevano più gusto a ridere, ed a chiacchierare; quell’incendio le imbambolava: invano Jacobucci, Laterza, Pietraroia, cercavano di fare la burletta e di dare delle spiegazioni scientifiche, esse non ascoltavano, bianche bianche sotto la molta cipria che portavan sul volto, con gli occhioni tristi pieni di malin-