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170 nella lava


— E il pianoforte, chi lo suona? Io, per me, non mi ci accosto, lo sai, mamma.

— Suonerà Ciccillo De Marco, il gobbo, l’ho invitato apposta: gli dirai delle cose amabili, egli se ne andrà in solluchero e suonerà per tutta la sera. —

Dopo un’ora, già lo stanzone da ballo era pieno di gente: le mamme, la Galanti, la Malagrida, la Falco, la Borrelli sedevano sul divano d’onore, e sulle due poltrone, facendosi vento, tessendo ognuna l’elogio delle proprie figliuole. Le ragazze stavano invece l’una accanto all’altra, in fila, tutte composte ancora, perchè non si ballava, si faceva un po’ di musica prima, e i giovanotti restavano in piedi, dietro le sedie delle ragazze, parlando loro sottovoce, mentre donna Candida Scoppa, incinta di sei mesi, enorme, con una faccia estenuata di donna gravida, cantava la romanza Giulia di Denza, parlando di una ragazza morta. La Malagrida, figliuola, quella sera aveva inaugurato un vestito di velluto nero, che la faceva sembrare meno grassa, meno brutta: e l’avvenimento era la finezza della sua cintura; certo doveva portare un busto di Parigi, aveva portato sempre settanta centimetri di giro, quella sera non ne aveva più di cinquantotto; è vero che stava dura dura, come un tronco pietrificato, e impallidiva, ogni tanto, non potendo respirare. Enrichetta Caputo si era un po’ rattristata, vedendola così elegante: in fondo, ella voleva bene ad Arturo Ajello e le sarebbe dispiaciuto di perderlo, così. Ma si era distratta, dovendo ricevere le sue amiche, togliendo loro le mantelline e le sciarpe, portandole sul suo letto, instancabile, cercando di far dimenticare la povertà, la mancanza delle