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nella lava 147


E alla porta spalancata del grande giardino pubblico, che la gioventù napoletana adora e a cui deve tanto l’amore, il flutto della gente si disperdeva pei cinque viali diritti, fiocamente illuminati dai lumi a gas. Per l’ultimo viale a sinistra andavano gli esseri solitari, malinconici, che cercavano invano un’anima vibrante alla loro vibrazione di sentimento: pel secondo, gli idillii già cominciati e fiorenti, sotto i materni sguardi indulgenti, le coppie amorose che forse si sarebbero sposate, nevvero, tutto si fa in questa onesta intenzione, la questione è solo del tempo, intanto si è giovani ed è bello l’amarsi quando tanta è la dolcezza delle stelle e degli sguardi femminili.

Proprio, quel secondo viale, porta il nome di viale degli amanti, così naturalmente vi si avviano le coppie che amano di camminare piano, stringendosi ogni tanto la mano, scambiando quelle brevi parole sommesse, che equivalgono a un bacio, tanto dentro vi trema una emozione: e dietro le accompagnatrici o gli accompagnatori vanno chiacchierando fra loro, sorvegliando abbastanza, non molto, misurando saggiamente l’amore ai puri esseri innocenti che così poco rende felici. Nel grande viale di mezzo andavano le comitive, due o tre famiglie riunite, che si danno convegno da una domenica all’altra, che si ritrovano per via, che camminano per file, le ragazze con le ragazze, la mamme con le mamme, e i giovanotti dietro, con la tuba sulle ventitrè, il fiore all’occhiello, la mazzettina sotto il braccio: e queste comitive si seguono, senza fine, chiamandosi, rispondendosi, con le file che ogni tanto si arrestano, aspettandosi, riunendosi, avendo per