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nella lava 141


zia della gamba e che anche lui l’aveva scordata, come quello della romanza di Tosti. Elena De Pasquale, che aveva ventotto anni e quattro fidanzamenti andati a male, aveva di che rattristarsi: e la sorella minore, Ida, gonfiava le labbra, come per piangere, con una smorfia che le veniva dalla recitazione delle parti d’ingenua.

Ma quello più attento, era un gruppo di ragazze che se n’erano state fino allora a chiacchierare vivamente in un angolo del salone; al principio della musica esse avevano drizzato il capo, tacendo, con un’aria di conoscitrici scontente. Erano le due sorelle Fusco, due ragazzette gemelle, quindicenni, che da un anno cantavano al teatro Nuovo, nella Bella Elena, la particina dei due Ajaci, che vengono in iscena, tenendosi a braccetto cantando una strofetta, salutano, cavandosi l’elmo e si ritirano in fondo, per poi vagolare attraverso l’operetta, come comparse; e siccome erano carine, quasi sempre applaudite per la loro grazietta giovanile, avevano tutte le arie di prime donne che guadagnino milioni, cantando a Londra o a Pietroburgo.

Era Elisa Costa, una fanciulla lunga e magra dalla carnagione color polmone, afflitta da un ventre rotondo e prominente, per cui tutti la prendevano per una signora incinta, cosa che l’affliggeva molto; Elisa Costa che studiava da dieci anni il canto drammatico, essendovi destinata per la sua figura e per inclinazione, come ella diceva, e che non arrivava mai a scritturarsi, malgrado che declamasse con una grossa voce stridente: Ecco l’orrido campo nel Ballo in maschera, e il Pace, pace mio Dio, nella Forza del destino, a tutti gl’impre-