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nella lava 135


un convento senza monache, che il governo dava per abitazione alle vedove dei militari: venivano a piedi sotto il sole, sino alla Villa e accadeva loro, talvolta, di giungere troppo tardi. Eugenia Malagrida era già entrata nel camerino, scordandosi, con la noncuranza delle persone felici, che la sua amica non avrebbe potuto prendere il bagno senza lei.

Così quella mattina erano restate in asso, madre e figlia, avendo in tasca solo un pezzo da dieci centesimi: e già guardavano, con scambi di saluti e di sorrisi, la signora Brown e Margherita Falco, calcolando di aggrapparsi a loro, per farsi condurre in un camerino, erano due donne sole e cortesi tanto! Ma in quel momento Elvira Brown che tremava sempre di giungere troppo tardi, era arrivata a barattare il suo numero, con quello di un giovanotto che lo aveva preso per la famiglia della sua innamorata, la quale non giungeva ancora; e come chiamavano il numero quarantatrè, Elvira Brown e Margherita Falco si mossero per andare. Ora l’occhiata fra Enrichetta Caputo e sua madre fu desolante: come prendere il bagno? E restavano ancora a chiacchierare con le Galanti, madre e figlia, col forzato sorriso delle persone che soffrono, e non si movevano, non andavano a comperare il biglietto, come dimentiche del loro scopo: tanto che Riccarda Galanti, la morettona, se ne accorse, e nella sua bontà, disse a Enrichetta Caputo:

— Perchè non vieni nel camerino nostro?

— Siete già in molte, darei incomodo, — disse quella, mordendosi le labbra per non piangere.