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114 per monaca


lavano al portone spalancato, cercando di scorgere qualche cosa: ma si entrava solo con un biglietto d’invito. Qualche invitato pedone arrivava, vestito di nero, con la cravatta bianca che s’intravvedeva dal soprabito, il gitus e i guanti chiari, come per un matrimonio: mostrava il biglietto, entrava nel chiostro, scompariva nella bocca nera della chiesa, che una aureola di ceri pareva irradiasse, nel fondo. Delle signore entravano a piedi, vestite di nero, tutte scintillanti di perline, stringendo nella mano il libro di preghiere. I curiosi credevano si trattasse di un grande matrimonio: e pazientemente, nella piazza del Gesù Nuovo, sugli scalini e sotto l’androne della Scuola Normale, aspettavano la sposa.

Nella chiesa tutta stucchi e oro, ornata come un salone, simpatica e allegra, per mitigare la luce avevano abbassate le tendine rosse innanzi ai vetri dei finestrini; e a destra, dalla cappella dove Maria Cristina di Savoia, la buona, la santa, dorme, sino alla porta, erano raccolti gli uomini; a sinistra dalla cappellina dove la Madonna di Giotto guarda la folla coi suoi pallidi occhi di un azzurro latteo, sino alla popolare cappella dove si venera l’Eterno Padre, il miracoloso Eterno Padre di Santa Chiara, erano raccolte le signore: le due tribune erano circoscritte da certe balaustre di velluto rosso: all’entrata stavano ritti dieci servitori di casa Muscettola, immobili: facevano gli onori il duca di Mileto, fratello del duca di Muscettola, il principe di Montescaglioso, fratello della duchessa di Muscettola: sull’altar maggiore, inginocchiata sopra un cuscino di velluto rosso, appoggiata all’ingi-