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108 per monaca


di sua figlia che se ne moriva, se questo matrimonio non si faceva. E il principe aveva consentito, anche pel suo figlio assente, purchè la dote fosse aumentata di duecentomila lire; il suo figliuolo poteva sperare e chiedere molto di più, ma Cantelmo era un amico, un parente, si sarebbero contentati padre e figliuolo, di mezzo milione, poichè la ragazza se ne moriva. Era tornato il bel viaggiatore, indolente, freddo e scettico, per far la corte alla sua fidanzata, e la delicata creatura rigermogliava, come le fragili rose bianche si schiudono, in certe calde giornate d’inverno. Ella portava sulla faccia la trasformazione della felicità: ella parlava poco, con una voce fievole, ma dove tremava sempre un’emozione. Entrando ella vide subito che il suo fidanzato era nel gruppo di Giulia Capece, il sorriso che gli mandò era parola, luce, affetto, sentimento, tutta un’anima che s’involava. E subito quelle che amavano e che la intendevano, Eva Muscettola, Tecla Brancaccio, Eugenia d’Aragona, Chiarina Althan la circondarono, guardandola con una grande tenerezza, non osando domandarle come si sentiva, parlandole sottovoce, spingendola verso il fondo del salone, perchè non prendesse freddo alla corrente d’aria. Un gruppo di giovanotti era entrato, Willy Galeota, Peppino Sannicandro, Carlo Mottola; Mario Capece era anche arrivato, portando un mazzo di vainiglia e di mughetti, per la sposa che partiva; la conversazione parziale divenne generale, ognuno si meravigliava che Massimo e Olga non arrivassero, mancavano soli venti minuti alla partenza di Roma. Eugenia si faceva giurare da Giulio che giammai sarebbero partiti da Na-