che mi adorava in una dedizione continua di sè stesso, io opponeva a mio marito una glaciale indifferenza. Mio marito mi lasciava: io andava nella mia stanza, mi buttava sul letto, con la bocca sul cuscino per poter ripetere il nome soavissimo di colui che era il mio salvatore. Tutta l’anima mia, allora, si prostrava, si abbandonava, in un’estasi di tenerissima gratitudine per il beneficio di quell’amore che era il liquore essenziale di ogni mia forza. Non sapendo come sfogare ciò che mi soffocava, trovavo modo di scrivergli, lungamente, confusamente, delle lettere che, spesso, dovevo lacerare senza potergliele inviare: raramente, arrivavo a spedirgliene una. Di lontano, io calcolavo sentimentalmente che effetto gli avrebbe fatto la prova che il cuore di Anna, della sua Anna, gli apparteneva e si dava a lui, novellamente e sempre con entusiasmo. Ma i miei calcoli sentimentali fallivano spesso. Io non lo rivedeva subito. Egli non mi rispondeva mai. Finivo per non sapere nulla. Dimenticavo la mia lettera. Quando, per una scarsa e fortunata com-